Presentazione

24° EDIZIONE - 2019

dal 2 al 22 giugno

Alla ventiquattresima edizione Il Festival delle Colline Torinesi rende omaggio a tre compagnie italiane che hanno scritto pagine importanti della sua storia e che hanno contribuito in modo determinante a definirne l'immagine in Europa: la compagnia Pippo Delbono, la Socìetas, i Motus. Il 1° luglio del 2000 la Socìetas Raffaello Sanzio presentò alla Palazzina di Caccia di Stupinigi il suo straordinario spettacolo Voyage au but de la nuit diretto da Romeo Castellucci che rappresentò per il Festival un vero e proprio punto di svolta verso la creazione contemporanea. L'anno successivo, 2001, arrivò al Festival Pippo Delbono con La rabbia di Pasolini e fu un successo clamoroso. Nel 2003 fu la volta di Motus con Splendid's di Genet (nella traduzione di Franco Quadri), allestito nell'inconsueta cornice di un hotel. Dopo quegli esordi le tre compagnie hanno ripetutamente figurato, e con importanti proposte, nei cartelloni del Festival delle Colline Torinesi. Analogo percorso ha riguardato Emma Dante e Antonio Latella.

Proprio a Pippo Delbono e alla Socìetas, composta, nell'occasione, da Claudia Castellucci e Chiara Guidi, viene affidata l'inaugurazione del Festival 2019, a Motus la chiusura. Pippo Delbono propone al pubblico delle "Colline" il suo spettacolo La gioia prodotto dalla sua compagnia e da Emilia Romagna Teatro Fondazione, dai Teatri di Liège e Maubeuge. È un viaggio nei dolori delle persone e del mondo alla scoperta di quei rari momenti di felicità che la vita sa offrire. Delbono mette in relazione la gioia con il cammino degli onesti, persino con le migrazioni. I migranti non sono solo alla ricerca di una casa, di un lavoro, di un paese senza guerre, ma cercano anche la gioia. Una ricerca importante soprattutto in questa fase storica di egoismo e di razzismo dilaganti. La gioia c'entra con la soluzione dalle ingiustizie? Questo nuovo lavoro teatrale viene presentato proprio dopo la grande retrospettiva che il Centre Pompidou di Parigi ha dedicato a Pippo Delbono nell'autunno scorso con film, incontri, performances, installazioni tra cui l'inedita La mente che mente. Delbono verrà al Teatro Astra con una quindicina di attori. Non ci sarà tra loro il piccolo Bobò, icona incontrastata della compagnia. Allo straordinario attore campano da adesso in avanti lo spettacolo è dedicato. L'atteso ritorno a Torino di Pippo Delbono fa il paio con quello di Motus alle prese con Rip it up and start again creato con gli allievi de la Manufacture-Haute école des arts de la scène di Losanna. Uno spettacolo-musical, diretto da Enrico Casagrande e Daniela Nicolò, che si rifà a uno dei più noti fenomeni musicali post-punk dell'inizio degli anni '80, vera iniziazione culturale per molti adolescenti di allora. Gli interpreti dello spettacolo sono tutti nati negli anni '90 e non hanno quindi conosciuto Kurt Cobain, Lulu Laidlaw-Smith e soci. Rip it up and start again prova a rispondere, senza alcuna nostalgia, a una domanda cruciale: "cosa succede se i giovani non sono più in grado di suscitare stupore?". Lo spettacolo è una sorta di concerto-karaoke con video-clip e remix che ricerca in un passato recente per meglio guardare l'oggi.

Attinge invece a un linguaggio ironicamente aulico per descrivere un mondo privo di peso o di senso (e attinge pure alla metrica e al vernacolo) Il regno profondo. Perché sei qui? di Chiara Guidi e Claudia Castellucci, autentica prova di virtuosismo di due formidabili interpreti, capaci anche di comunicare un'inaspettata vis comica. Lo spettacolo della Socìetas, in scena alle Lavanderie a Vapore di Collegno, si basa su continue domande e provvisorie risposte, comprese quelle desunte dalla religione, della filosofia, dallo scetticismo quotidiano. E non mancano singolari interruzioni pubblicitarie, quasi interferenze inaspettate nella creazione o distruzione di senso.

Un'installazione alla Fondazione Merz sarà la prima tappa di Illegal Helpers, un progetto di Paola Rota, Simonetta Solder e Teho Teardo da testi sui migranti e su quanti li soccorrono di Maxi Obexer, scrittrice italo-tedesca quarantenne che vive e lavora a Berlino. Tale lavoro, nato come radiodramma, riflette le tesi del romanzo-saggio L'estate più lunga d'Europa che ha fatto conoscere l'autrice in Europa, riflessione sul rapporto tra gli stati e i richiedenti asilo a partire dalla stessa autobiografia.

Illegal helpers costituisce l'ennesimo episodio di una feconda collaborazione del Festival delle Colline Torinesi con la Fondazione Merz, che nel 2019 ospita anche un'allestimento della Compagnia Deflorian/Tagliarini. Alla Fondazione il Festival deve inoltre la scelta del segno d'artista della ventiquattresima edizione. Sarà del giovane kosovaro Petrit Halilaj, vincitore della seconda edizione del Mario Merz Prize. Recentemente sempre alla Fondazione Merz Halilaj ha presentato il progetto Shkrepëtima la cui prima tappa aveva avuto come cornice il distrutto Centro Culturale di Runik in Kosovo e la seconda il Zentrum Paul Klee di Berna. Sculture, disegni, video e suoni dedicati alla costruzione di una memoria collettiva di una comunità. Petrit Halilaj aggiunge il suo nome, come creatore del segno d'artista del Festival, a quelli di Mario Merz stesso, di Marco Gastini, Luigi Mainolfi, Michelangelo Pistoletto, Nunzio, Marzia Migliora, Giorgio Griffa, Antje Rieck, i Masbedo, Zena El Khalil, Botto&Bruno, Marisa Merz, Lida Abdul. È kosovara come Halilaj anche Doruntina Basha, autrice di Il dito, storia di due donne di due generazioni diverse alle prese con vicende di famiglia e con l'elaborazione di un lutto, testo messo in scena al Festival in prima nazionale da Leonardo Lidi per la Corte Ospitale. Il dito si è aggiudicato il Premio della Fondazione Heartefact per il miglior testo drammatico di impegno dell'area ex jugoslava, promosso in collaborazione con il centro Qendra Multimedia di Prishtina. Il grido di dolore di una romena emigrata in Italia lo evoca invece Medea per strada, monologo di Elena Cotugno interpretato a bordo di un furgone in movimento. Diretta da Giampiero Borgia, questa singolare azione performativa ripercorre il mito di Medea, madre assassina, che nell'occasione veste i panni di una giovane romena. Come per molti profughi anche per lei, per questa straniera, il viaggio in Italia diventa un incubo e il tragitto del furgone in zone malfamate della città, nelle strade della prostituzione, lo svela. La drammaturgia è di Fabrizio Sinisi e dello stesso Borgia. Punto di partenza del tragitto sarà il Teatro Astra e quello d'arrivo la Lavanderia a Vapore, dato che  Medea per strada viene condiviso dalla Fondazione Piemonte dal Vivo che programma lo spazio di Collegno.

Questa Medea per strada, fil rouge del cartellone 2019, svolge idealmente il tema triennale del Festival, ovvero "Fluctus, declinazioni del viaggio", giunto al secondo anno. Viaggio che significa migrazioni, ma anche ricognizioni nel passato, nella storia, nella memoria e proiezioni nel futuro.

Un viaggio inconsueto è pure quello delle banane in Kingdom dei catalani Agrupación Señor Serrano. Banane che a fine ottocento invasero l'occidente fino a diventare il simbolo stesso del consumismo, come King Kong, lo scimmione che nel film del 1933 di Merian Cooper e Ernest Schoedsack viene ucciso sull'Empire State Building dagli aurei da guerra americani. Perfetti esempi, le une e l'altro, di un mercato capitalistico che sembra non poter smettere di crescere anche se compromette la vita sul pianeta divorando tutte le risorse. Una spirale distruttiva alimentata pure da quei paesi in cui lo sviluppo è più correttamente coniugato con i diritti civili. "Che fare?" si domandano in nodo provocatorio gli Agrupación. Se questo è il destino, far festa fino all'ultimo! Una risposta paradossale che vuole evidentemente indurre a riflettere, rendere consapevoli. Con un linguaggio di palcoscenico radicalmente diverso - più stilizzato e concettuale - El Conde de Torrefiel, altra compagnia catalana, egualmente si interroga in La plaza sul futuro inconoscibile del mondo. In una piazza appunto, un luogo pubblico, un'agorà (come spazio della parola), vengono visualizzate le riflessioni di persone che passano (sono senza volto come Gli amanti di Magritte). Tutte in bilico tra ricordo e immaginazione, presente e futuro: ci sono pensieri del dibattito democratico, altri politicamente scorretti e anti-solidali, altri che esprimono semplicemente insicurezze o monologhi interiori assai aggressivi. E le azioni rimandano alla quotidianità, alle violenze urbane, persino alle riprese di un film porno. Non ci sono dialoghi sonori ma solo sottotitoli e musiche elettroniche.

Un tableau vivant con automi e una sola donna reale, l'eroina morta di un oral-sex-porn-video. Lo spettacolo è, come ha scritto qualcuno, "un lucido allarme".  

Esplora invece altre nevrosi di tre generazioni lo spettacolo con musiche dal vivo Quasi niente di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini, liberamente ispirato a Deserto rosso di Antonioni. Come la Giuliana del film (una magnifica Monica Vitti) anche gli interpreti dello spettacolo devono attraversare il loro deserto esistenziale, confrontarsi con l'alienazione, ma soprattutto le loro fragilità. "C'è qualcosa di terribile nella realtà e io non so cosa sia. E nessuno me lo dice": afferma Giuliana. Nel 1964 e anche oggi. Accanto a Quasi niente Deflorian/Tagliarini propongono alla Fondazione Merz Scavi, performance che dà conto della ricerca su Antonioni, quasi un diario di lavoro, soprattutto sugli "scavi" al Fondo Antonioni, sugli appunti di Moreno Campani, assistente alla regia nel film, sulle scene non montate. La tradizionale alleanza con il Museo Nazionale del Cinema permette agli spettatori del Festival di completare il viaggio verso Antonioni con un ciclo di proiezioni di film del maestro ferrarese, tra cui naturalmente Deserto rosso di cui disse in una intervista di Godard sui Cahiers du cinéma "Rosso è il colore giusto per i personaggi (che ne vengono giustificati) e anche per lo spettatore". Proprio in riferimenti a questi temi, a queste relazioni cinema-teatro-arti plastiche il Festival organizzerà alla Fondazione Merz, come corollario di Scavi, un incontro-confronto tra la compagnia e studiosi delle tre arti in oggetto.  

Altro appuntamento del segmento internazionale è con la compagnia del Greck festival con Violet Louise e con la sua performance multimediale e musicale Strange Tales, tratta da racconti e poemi di Edgard Allan Poe. Un allestimento presentato al Festival di Atene 2018. In scena ci sono Aglaia Pappas, nome di spicco del cinema e del teatro ellenico, attrice di Terzopoulos, e la stessa Violet Louise, regista, cantante, artista multimediale. Strange Tales si rifà alle atmosfere dello scrittore americano, ai suoi interrogativi sulla vita e sulla morte. Una giovane misteriosa fa visita a una donna che la riceve su una sedia a rotelle. Insieme trasformeranno la stanza in un laboratorio di memorie, viaggiando indietro nel tempo e immaginando l'ultimo viaggio. È un laboratorio di memorie, ma non letterarie, anche Between Me and P. del filmaker Filippo Michelangelo Ceredi al suo debutto come drammaturgo e performer teatrale. La sua esibizione al Polo del '900 ricorderà Pietro Cossu Blanc, il fratello di Filippo, che nel 1987 all'età di 22 anni lascia la sua casa di Milano e scompare per sempre senza lasciar tracce. Filippo, che all'epoca aveva cinque anni, porta in scena quell'enigma. Racconta attraverso un archivio informatico, con oggetti, lettere, fotografie, musiche, proiezioni. Ne emerge anche l'affresco di un'epoca complessa, drammatica, della storia italiana.

Sempre del segmento internazionale fa parte Nel paese dell'inverno, diretto e interpretato da Silvia Costa (con Laura Dondoli e My Prim) prodotto, oltrechè dal Festival delle Colline Torinesi, da un teatro francese, il vivacissimo MC93 - Scène Nationale de Bobigny, dove lo spettacolo è nato. È dedicato ai Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese, incontro-scontro tra gli dei e gli uomini, viaggio nella mitologia. Il primo studio di questo spettacolo andò in scena nel 2018 proprio al Festival delle Colline Torinesi. Le interpreti furono capaci di confermare, recitandoli ma soprattutto con epifanie visuali, come questi Dialoghi ci facciano scoprire nitidamente un Pavese ben diverso da quel narratore realista che, in altre opere, sembra prevalere. Silvia Costa è la collaboratrice artistica della maggior parte delle recenti creazioni di Romeo Castellucci. Nel pese dell'inverno è uno degli spettacoli condivisi dai partner della rete di festival e teatri IN Italia (TPE/Festival delle Colline Torinesi, Teatro Metastasio Prato/Contemporanea festival, Sardegna Teatro, Veneto Teatro e Triennale di Milano/Fog Festival) nata per promuovere la creazione internazionale nel nostro paese e diffondere il lavoro di artisti italiani in Europa e nel mondo. L'avvio della tournée italiana di Nel paese dell'inverno avverrà proprio a Milano e a Torino. 

Una prima nazionale del Festival è Commedia con schianto. Struttura di un fallimento tragico di Liv Ferracchiati, spettacolo prodotto dal Teatro Stabile dell'Umbria. Tra gli interpreti anche Alice Torriani. Un testo che esplora i percorsi creativi, il fascino e le contraddizioni dei percorsi di una compagnia teatrale. Liv Ferracchiati ritorna a Torino dopo il fortunato debutto, l'anno scorso al Festival delle Colline Torinesi, della sua Trilogia sull'identità.

Un eguale silloge di tre pièces che esaltano la scrittura drammaturgica di un'altra autrice, Rita Frongia, è la Trilogia del tavolino: composta da La vita ha un dente d'oro, La vecchia e Gin Gin - di cosa si parla quando si parla. La prima è una commedia per due attori diretta da Claudio Morganti, del secondo e il terzo lavoro firma la regia la stessa Rita Frongia. Minimo comun denominatore: un tavolino e due sedie ma anche il dialogo con la morte, ora di un morente ubriaco, ora di un rigattiere, ora di un poeta che avrebbe voluto essere come Rimbaud ed è ghiotto di uova sode. Giunge al Festival dopo aver vinto il Premio Ubu/Spettacolo dell'anno 2018 anche Overload di Sotterraneo, collettivo fiorentino di ricerca teatrale. Nell'occasione si esercita sulla sovrabbondanza di messaggi che condizionano la nostra vita, quasi una nebbia in cui ci muoviamo, viviamo, interagiamo, dormiamo.

Il segmento di giovani compagnie e gruppi che lavorano a Torino porta alla ribalta la Piccola Compagnia della Magnolia, alle prese con un testo di Massimo Sgorbani, Mater Dei, seconda tappa di un omaggio del Festival delle Colline Torinesi allo scrittore milanese, cominciato lo scorso anno con Causa di beatificazione, per la regia di Michele Di Mauro. E non va dimenticato che qualche anno fa fu presentato l'intero progetto drammaturgico di Sgorbani Innamorate dello spavento. Dunque una continuità di frequentazione ch rgià prevede un nuovo testo su Buster Keaton per il 2020. Sempre compagnie e artisti torinesi in cartellone sono La Ballata dei Lenna, Il Cubo teatro, Asterlizze di Alba Porto, tutti vincitori del Bando Ora! della Compagnia di San Paolo e tutti "accompagnati" dal Festival. Propongono rispettivamente Libia. Back Home, Tito, Rovine d'Europa, e Something About You. Libia. Back Home è un itinerario di scoperta dell'attuale, tormentatissima, Libia e contemporaneamente la ricostruzione della vita in Libia del nonno dell'interprete, medico condotto. Tito, Rovine d'Europa è tratto dal Tito Andronico di Shakespeare ma soprattutto dal commento che ne fa Heiner Müller, un viaggio documentato da immagini nelle rovine d'Europa, a Berlino, Dresda, Varsavia, Buchelnwald, Teufelsberg. Infine Something About You nasce come progetto sulle biografie dell'Archivio di Pieve Santo Stefano e di Lisbona, biografie di persone comuni e non. In particolare sui "segreti di famiglia".

Un virtuoso intreccio con il Fringe Festival di Torino porta nel programma delle "Colline" Silvia Mercuriali con il suo spettacolo Macondo, liberamente ispirato a Cent'anni di solitudine di Marquez, che prevede un ruolo diverso dal solito, più interattivo, per gli spettatori.

Insieme alla Fondazione Merz e al Polo del '900 sarà l'Istituto di Anatomia dell'Università di Torino uno dei luoghi non teatrali del Festival. Un'aula dell'Istituto ospiterà la performance Edipo di Michele Sinisi, una sorta di esame post-mortem con racconto a ritroso.  

Sergio Ariotti

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