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1 - 2 luglio
SAN RAFFAELE CIMENA Castello

LE NOZZE DI ANTIGONE

di Ascanio Celestini
regia Veronica Cruciani e Arturo Cirillo

con Veronica Cruciani
scene Massimo Bellando Randone
musiche Francesco De Melis
luci Gianni Staropoli

produzione Compagnia Agresta

Antigone parla e il suo sguardo si posa sul padre per ricondurlo ad una visione domestica dell'esistenza. Lo sguardo è pietoso e, nella casa di Antigone, Edipo è assolto, salvo e lontano dal proprio destino.
E' la prima parte di un progetto sulla vicenda di Edipo dove Antigone, Eteocle e Polinice racconteranno parlando con il padre. Attraverso il ricordo cercheranno di ricostruire la memoria, proveranno a rammemorare. Ma i tre figli hanno tre sguardi diversi e la storia del padre li ha coinvolti spingendoli verso tre diversi destini.

La cosa che mi commuove di Antigone è il suo modo di guardare alle cose. Antigone parla di ciò che conosce; dalle sue parole capiamo da dove viene, conosciamo il posto dove è nata, il suo passato. Antigone è una bambina e al tempo stesso una vecchia, vittima del destino che la storia le ha riservato; nella solitudine racconta, rievoca le storie che ha da sempre sentito nella sua casa. Ha bisogno di raccontare e ricordare perché dentro quelle storie c’è la sua stessa identità. Ripete le parole di suo padre, di chi ormai non può più raccontare; sono parole che da sempre è abituata ad ascoltare perché parlare con il padre è la sua quotidianità. La sua casa è il luogo dove passato e presente si confondono; dove conosce l’amore, e continua a mantenerlo in vita anche oltre la morte. In Antigone ritroviamo l’immagine di un’umanità ferita, ma nel suo sguardo possiamo leggere “sempre un’unica domanda che è la domanda della vita stessa”.
Veronica Cruciani

Due cose mi hanno spinto a lavorare a Le Nozze di Antigone: la bellezza del testo e la voglia irrefrenabile di Veronica di volerlo recitare. Ho in genere l'abitudine di scegliere io il testo su cui lavorare e successivamente coinvolgere degli attori su un progetto, in questo caso invece sono stato io il coinvolto. Ma penso che sia giusto così trattandosi di un monologo, cioè di un rapporto fortemente individuale tra delle parole ed un attore, o una attrice; penso spesso che quello che avviene davanti a me mentre Veronica prova sia un processo intimo al quale sono stato gentilmente invitato a partecipare, ma come osservatore e consigliere. Insomma sento che non sono io la materia attraverso la quale nascerà qualcosa, ma lei, unicamente lei: attraverso il suo respiro, il suo modo di muoversi, come guarda il mondo, l'emozioni che la abitano, le paure che la spaventano. L'incontro tra Veronica e le parole di Ascanio, parole ingannevolmente semplici, parole musicali, parole concrete ed evocative, questo incontro è per me già Antigone.
Poi ci siamo immaginati un luogo, un pezzo di casa, il ricordo di una casa, con poche cose e “scompagniate”. Ci siamo immaginati una musica da una chiesa di campagna, come un canto di confraternita per le stazioni di una processione immaginaria. Delle luci che svelano e nascondono, che illuminano qualcuna che è lì a prescindere da noi. Ci siamo immaginati tante orecchie e tanti occhi che guardano, e ascoltano, le cose come noi ce le siamo immaginate, e che magari se ne immagineranno ancora delle altre.
Arturo Cirillo

“Mi chiamo Ascanio Celestini, figlio di Gaetano Celestini e Comin Piera. Mio padre rimette a posto i mobili, mobili vecchi o antichi è nato al Quadraro e da ragazzino l’hanno portato a lavorare sotto padrone in bottega a San Lorenzo. Mia madre è di Tor Pignattara, da giovane faceva la parrucchiera da uno che aveva tagliato i capelli al re d’Italia e a quel tempo ballava il liscio. Quando s’è sposata con mio padre ha smesso di ballare. Quando sono nato io ha smesso di fare la parrucchiera. Mio nonno paterno faceva il carrettiere a Trastevere. Con l’incidente è rimasto grande invalido del lavoro, è andato a lavorare al cinema Iris a Porta Pia. La mattina faceva le pulizie, pomeriggio e sera faceva la maschera, la notte faceva il guardiano. Sua moglie si chiamava Agnese, è nata a Bedero. Io mi ricordo che si costruiva le scarpe coi guanti vecchi. Mio nonno materno si chiamava Giovanni e faceva il boscaiolo con Primo Carnera. Mia nonna materna è nata ad Anguillara Sabazia e si chiamava Marianna. La sorella, Fenisia, levava le fatture e lei raccontava storie di streghe”.
Ascanio Celestini

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