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10 giugno
TORINO Cavallerizza Reale

CIAO MARISA

di Stefano Lippi
regia Stefano Lippi

per ricordare Marisa Fabbri
testimonianze di Mauro Avogadro e Franca Nuti
proiezione del documentario di RAI Educational “Ogni giorno è Capodanno” di Lucia Luconi.
”Si potrebbe incominciare dalla fine” scritto e messo in scena da Paolo Modugno, con
Ludovica Modugno e Renato Cordovani al sax

luci Elena Mininni
organizzazione Angela Dal Piaz

produzione I.A.E. (Idee Arte Eventi)
Si ringrazia il Comune di Poppi che nel luglio 2006 nel Castello dei Conti Guidi ha permesso la realizzazione della prima parte di questo progetto
Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica

Il Festival delle Colline Torinesi sceglie di ricordare Marisa Fabbri - attrice fiorentina che ha scritto, attraverso l’impegno artistico ed etico, pagine importanti della storia del teatro del dopoguerra - con una serata-omaggio proposta proprio nel giorno della sua scomparsa, il 10 giugno 2004.
Ludovica Modugno, accompagnata da Renato Cordovani al sax, presenterà Si potrebbe incominciare dalla fine un testo scritto da Paolo Modugno che ne curerà anche la messa in scena. Sarà inoltre proiettato il documentario Ogni giorno è Capodanno di Lucia Luconi.  Marisa Fabbri, che ha partecipato come interprete a tre edizioni del Festival delle Colline Torinesi, ne ha significativamente condiviso e incoraggiato l’impegno progettuale. 

«La mia generazione si è formata nel dopoguerra. Facevo teatro sin da bambina e ho sempre guardato a Brecht, e Brecht diceva: prima bisogna essere cittadini poi attori. Se l’attore non ha coscienza politica del suo tempo, il suo lavoro non vale nulla. Bisogna sapere di polis. Allora tutti i cittadini capirebbero che la politica è una cosa altissima.
Io sono una persona di passione e la passione è la forza che sempre mi sorregge. È, come ripeteva Strehler, che ognuno si porta il suo cappotto in palcoscenico. Io ci porto l’impegno e la tensione del mio mestiere, l’essere attrice come appartenenza ad una classe, nel senso di una prospettiva che sta dentro al corpo politico, e che esiste in ognuno.
Strehler mi ha dato le palafitte. Mi ha insegnato a stare sul palcoscenico e come si fa a possedere il palcoscenico. E Ronconi mi ha dato tutto il resto. Penso che sia inevitabile, ma nell’arte questo è quasi indispensabile: imbattersi prima o poi in qualcuno che abbia la tua stessa visione del mondo, la tua stessa predisposizione verso qualcosa.
Al di là di Strehler e Ronconi, ho sempre pensato che se si doveva fare teatro bisognava trovarne la necessità. Ho capito che dobbiamo guardare al teatro come a una grande necessità contemporanea. Non ho rimpianti per gli anni Sessanta e Settanta, per gli entusiasmi di quegli anni. Sono contenta perché il nostro lavoro serve da modello ai nostri allievi. Fare poi teatro oggi, in un mondo in cui dilaga la tecnologia, è ancora più utile: tutta l’arte moderna è estremamente riflessa, solo il teatro, per sua essenza, continua a far incontrare gli uomini senza schermi. Il teatro è una delle poche occasioni di comunicazione vis a vis, forse è l’unico luogo dove si parla da uomo a uomo.
Accetto di lavorare con chi domanda l’incontro con la metodologia d’attore che ho avuto il privilegio di percorrere: credo certamente nel valore della trasmissione delle esperienze. Io ho avuto il privilegio di percorrere il grande teatro con grandi registi, autori e registi con tanti più anni e con una storia che credo di aver acquisito: questa conoscenza dà senso e allegria alla mia vita.
Il grande abbraccio che mi manda la platea mi fa un effetto che, come la felicità, non si può descrivere. Il resto poi conta pochissimo. Chi sceglie un mestiere affascinante come il mio non chiede altro e, se salva i suoi affetti, è fortunato. Sì, un mestiere che è una scelta di vita, un viaggio attraverso percorsi paragonabili a labirinti lungo i quali la curiosità non è mai sazia, un viaggio irripetibile, unico, uno dei pochi che faccia crescere e, attraverso la conoscenza, dia una giustificazione alla vita…».    (Marisa Fabbri)

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