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1 giugno ore 22.30
Teatro Astra, Torino
FRANCAMENTE ME NE INFISCHIO 5.TARA
5 movimenti liberamente ispirati a Via col vento di Margaret Mitchell
di Federico Bellini, Linda Dalisi, Antonio Latella
regia Antonio Latella
con Caterina Carpio, Candida Nieri, Valentina Vacca
scene e costumi Marco Di Napoli e Graziella Pepe
luci Simone De Angelis
musiche Franco Visioli
movimenti Francesco Manetti
assistente alla regia Francesca Giolivo
datore luci Roberto Gelmetti
fonico Giuseppe Stellato
realizzazione costumi Cinzia Virguti
production Brunella Giolivo
management Michele Mele
produzione stabilemobile - compagnia Antonio Latella, La Corte Ospitale
in collaborazione con Emilia Romagna Teatro / VIE Festival
presentato nell'ambito di Focus Creazione Italiana Contemporanea in collaborazione con Teatro Stabile di Torino
durata 45'
Per una migliore fruizione degli spettacoli si consiglia la visione dei 5 movimenti
NOTE DI DRAMMATURGIA
"Tara è la sola cosa che conta, la sola per cui valga la pena lottare", dice Geraldo O'Hara, e non sa che la terra di cui parla, la piantagione, la casa, sono molto molto di più. Tara è il ritorno alle origini, è qualcosa che più ti ci avvicini e più si allontana nel tempo, andando a ritroso. Tara è la Rossella che si identifica nei suoi tre figli da lei stessa bistrattati e li guarda con la feroce pietà che solo un vecchio stanco di secoli può avere. Ognuno di quei figli è una Rossella che gioca in giardino, un frammento di lei, un frammento della sua corsa, del suo domani sempre invocato e mai raggiunto, del suo legame materno spezzato, del suo inventarsi uomo per lottare tra gli uomini. Di tutto questo ha il sapore Tara, inondata dal sole di una canicola di agosto, piena di cicale e nostalgia. La grande casa al centro di Tara è essa stessa questa Rossella invecchiata, ma sempre intatta nel suo abito verde, malata di giovinezza e di rincorse. Da qui l'ultima Rossella guarda, il sole le fa strizzare gli occhi, la mano che regge la tazza di tè non trema, il pensiero sì, mentre raggiunge la realtà. Linda Dalisi
INTERVISTA AD ANTONIO LATELLA A CURA DI SERGIO ARIOTTI
Dopo il Servitore di due padroni in scena al Carignano a marzo, il pubblico torinese a giugno potrà vedere Francamente me ne infischio: Twins, Atlanta, Black, Match e Tara, Premio Ubu 2013, una maratona teatrale in cinque parti ispirata a Via col vento di Margaret Mitchell. In scena all'Astra. Potrebbe esserci un elemento di continuità tra le tue due regie?
La cosa che forse può unire questi due lavori è sicuramente il tentativo di cercare di parlare una nuova lingua teatrale che si allontana dall'idea del teatro del novecento. Io non posso pensare che ancora oggi abbiamo bisogno di costruire delle stanze di cartapesta per illudere che esista una stanza. Tutto è sempre comunque finto, non credo nel realismo. I due spettacoli hanno questo che li unisce, la voglia di tentare l'esplorazione di nuovi linguaggi. Non subito ne capisci la grammatica, ma questa è l'opportunità che abbiamo in questo momento e che dobbiamo difendere. Soprattutto per aiutare il pubblico a capire che ci sono altre modalità di far teatro, che ci possono aiutare a star bene, non a stare peggio.
In Francamente me ne infischio, in particolare nella sua ultima parte Tara c'è una dialettica evidente tra il teatro e l'arte contemporanea. Che rapporto può esistere tra l'uno e l'altra?
Quello che mi è piaciuto in questo spettacolo è stato attraversare diversi linguaggi. Dare diverse proposte di lettura artistica. Per noi registi è molto importante stare nel tempo in cui viviamo e questo lo possiamo fare, ad esempio, grazie all'arte contemporanea, che parla il linguaggio del tempo che vive. Spesso in Italia si ha ancora difficoltà a capire che c'è tradizione, che c'è contemporaneo e che c'è moderno. Cose completamente diverse. Noi spesso diciamo questo è uno spettacolo "moderno", ma nel dire moderno lo datiamo già. Contemporaneo è un'altra cosa. Il mio spettacolo attraversa diversi linguaggi e arriva all'installazione. Arriva a far pronunciare quelle parole che vengono un po' abusate nel teatro d'oggi e ci fanno sentire alla moda: "performance", "performer". Ecco su questo io ho un po' da ridire: la performance si chiama proprio così perché si fa una volta sola, non accetta la ripetizione, vive lì in quel momento, non nasce per essere ripetuta. Mi piaceva chiudere la serie di spettacoli di Francamente me ne infischio con un atto "quasi" performativo, per fare capire che nel momento in cui scegli una performance in teatro scegli più che un atto creativo un atto estetico. Ho voluto immergere le tre attrici in un atto estetico. Per assurdo la loro performance riporta al contemporaneo come se fosse un' antica fotografia.
Una donna volubile, dagli amori mai realizzati: come ci si può appassionare a Rossella di Via col vento?
E' vero. La donna più capricciosa che ho conosciuto è Rossella. Avevo sei anni quando mia madre mi ha portato a vedere Via col vento, in un cinema di una volta con le sedie di legno, dove si poteva ancora fumare. Rossella in quel film stacca una tenda verde e si fa un vestito. Ho detto a mia madre: "mamma anch'io!". Anch'io voleva dire mi faccio un vestito come lei, oppure anch'io voglio raccontare quelle storie.
Questo spettacolo nasce dal romanzo o dal film? Ma è pure un ritratto dell'America di oggi?
Abbiamo cercato di raccontare più cose. Però siamo partiti dal libro. E' un libro spietato. Rossella è anche molto antipatica, estremamente razzista. Su alcune cose si può avvicinare all'America di oggi. Un'America che ha perso determinati valori. E di conseguenza li abbiamo persi noi. Se l'America era il nostro sogno, oggi l'Europa vive quel sogno al quadrato, quindi un incubo.
ANTONIO LATELLA
Nasce a Castellamare di Stabia nel 1967. Studia recitazione presso la scuola del Teatro Stabile di Torino, diretto da Franco Passatore e presso La Bottega Teatrale di Firenze, diretta da Vittorio Gassman. Tra il 1986 e il 2000 lavora come attore diretto da Ronconi, Castri, Patroni Griffi, De Capitani. Nel 1998 firma la prima regia e nel 2004 si trasferisce a Berlino. Nel 2006 viene invitato a dirigere uno dei corsi dell'Ecole des Maîtres. Cura la direzione artistica del Nuovo Teatro Nuovo di Napoli per la stagione 2010/11 e nel 2011 fonda l'associazione stabilemobile - compagnia Antonio Latella. I suoi spettacoli sono stati ospitati nei più importanti teatri e festival internazionali.
Tra le messinscene più significative: Otello (1999), Romeo e Giulietta (2000, premio Ubu 2001 per il progetto Shakespeare e oltre), Stretta sorveglianza (2001), I Negri (2002, premio Girulà come migliore drammaturgia) e Querelle (2002) da Genet, Pilade (2002), Porcile (2003, premio speciale Vittorio Gassman e premio Teatro Il Primo) e Bestia da stile (2004) di Pasolini, I Trionfi di Testori (2003), Edoardo II di Marlowe (2004), La cena de le ceneri di Giordano Bruno (2005, premio migliore spettacolo dell'anno dell'Associazione Nazionale Critici di Teatro), Aspettando Godot di Beckett (2007). Nel 2004 debutta a Lione nella regia d'opera con Orfeo di Claudio Monteverdi; seguono Orfeo ed Euridice di Gluck e Tosca di Puccini.
Tra i suoi spettacoli più recenti: Studio su Medea (2006, premio Ubu come spettacolo dell'anno), Non essere - Progetto Hamlet's portraits (2008), Un tram che si chiama desiderio (2012, premio Ubu e premio Hystro come miglior regia), Francamente me ne infischio (2013, premio Ubu come miglior regia e miglior attrice), la trilogia russa Elettra - Oreste - Ifigenia in Tauride (2013, vincitrice di tre categorie nell'ambito del premio russo Paradise: best theatrical project, best part Georgiy Bolonev, prize of audience), C'è del pianto in queste lacrime (2013, premio Le Maschere del Teatro Italiano per scene e costumi). Nel 2013 intraprende un percorso drammaturgico sulla menzogna che sfocia in A. H., Die Wohlgesinnten da Littell e Il Servitore di due padroni da Goldoni.
Antonio Latella è per la quarta volta al Festival, dopo Studio su Medea nel 2006, coprodotto e vincitore nel 2007 del Premio Ubu come Spettacolo dell'anno, Aspettando Godot nel 2007 e Non Essere - Progetto Hamlets Portraits nel 2008, coprodotto dal Festival.