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dal 25 al 30 giugno
TORINO Teatro Gobetti
ASPETTANDO GODOT
di Samuel Beckett
regia Antonio Latella
traduzione Carlo Fruttero
disegno luci Simone De Angelis
con Annibale Pavone (Estragone), Fabio Pasquini (Vladimiro), Giuseppe Papa (Lucky), Stefano Laguni (Pozzo), Marco Lorenzi (Ragazzo)
scena Antonio Latella
direttore dell'allestimento Pietro Pagnanelli
produzione Teatro Stabile dell'Umbria
con il contributo della Fondazione Cassa Risparmio Perugia
in collaborazione con il Festival delle Colline Torinesi
«Aspettando Godot ci chiama direttamente in causa. Siamo vittime, o forse ancora carnefici, dello spettacolo. La quarta parete che ci ha sempre difeso è scomparsa; il nostro posto è sul palco, là dove sono gli attori. Siamo partecipi del rito, siamo parte integrante del rito. Le nostre poltrone abituali, in platea, sono occupate dalle bombette che Beckett ha previsto per i suoi, disperati, comici.
E' questo forse il dato più eclatante di questo allestimento di Godot, il ribaltamento radicale a cui siamo sottoposti fino a divenire spaesati, spiazzati, anche noi abitanti di quel non-luogo che è da sempre il contesto, l'antefatto spaziale, del dramma.
Ma gli attori calpestano un legno, per meglio dire il dispiegarsi dell'albero immaginato da Beckett, che andrà poi a ricomporsi fino a riformare il tronco originale di quello stesso albero.
E' un luogo metateatrale, quindi, è il luogo dove il teatro, attraverso la propria esposizione scenografica, riflette su di sè, si interroga sui suoi limiti, chiama in causa lo stesso suo essere "rito", ripetizione, condivisione tra attori e pubblico di quella ripetizione.
Ma Beckett non ci invita soltanto a prendere parte al rito, ma anche ad interrogarci su di esso; bisogna vedere se i cinque personaggi del Godot hanno ancora una speranza, una possibilità di riscatto, se si vuole anche politica, intendendo con questo il senso più alto del termine, ovvero l'appartenza a una comunità, quella degli uomini, che ha bisogno di un continuo confronto per sopravvivere alle proprie miserie. Perchè il vero appuntamento, in fondo, non è con Godot, che non può arrivare, ma con loro stessi, con quel legame indissolubile tra uomini che permette di poter ancora camminare su quel filo esile che è la nostra esistenza. E forse pensare, infine, che questo appuntamento ci riguarda, dovremmo farlo, dovremmo esserci.
Pensare che adesso tocca a noi» (Federico Bellini)