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Venerdì 1 e sabato 2 giugno, ore 22
Teatro Astra, Torino

UN ESCHIMESE IN AMAZZONIA

Trilogia sull’Identità - capitolo III

di Liv Ferracchiati
regia Liv Ferracchiati

Scrittura scenica di e con (in ordine alfabetico): Greta Cappelletti/Coro, Laura Dondi/Coro, Liv Ferracchiati/Eschimese, Giacomo Marettelli Priorelli/Coro, Alice Raffaelli/Coro
Costumi Laura Dondi
Disegno luci Giacomo Marettelli Priorelli
Suono Giacomo Agnifili
Organizzatrice di Compagnia Sara Toni
Ufficio Stampa Roberta Rem, Francesca Torcolini

Progetto della Compagnia The Baby Walk
Produzione Teatro Stabile dell'Umbria, Centro Teatrale MaMiMò, Campo Teatrale, The Baby Walk. In collaborazione con Residenza Artistica Multidisciplinare pressoCaos - Centro Arti Opificio Siri Terni
Progetto vincitore del Premio Scenario 2017

 

 

I non personaggi del terzo capitolo
l'Eschimese (indossa una felpa con cappuccio e sotto di essa avrà la maglia della New Team numero 10, quella di Olliver Hutton) il Coro (la massa, la società, a volte sciocca a volte acuta). Il Coro, tranne in momenti specifici che saranno evidenziati, parlerà all'unisono, attraverso una lingua musicale e ritmata, quasi versificata.
Il Coro è la società in cui vive l'Eschimese o, almeno, come egli la percepisce.
È importante tenere a mente che quanto si leggerà come detto dall'Eschimese, in realtà, è improvvisato. Quindi sarà più o meno quanto scritto qui di seguito, ma anche il suo contrario.
A volte potrà far sorridere, a volte far piangere, altre risultare detto male.
La ricerca sul linguaggio è tutta basata sulla precarietà e l'instabilità come metafora dell'esistenza dell'Eschimese che non è previsto dalla società in cui abita.
Ogni giorno all'Eschimese è richiesto di improvvisare come essere e come rappresentarsi, senza una via e un modello già prestabilito. Il linguaggio basato sull'improvvisazione è perciò metafora verticale dell'esistenza dell'Eschimese e, in fin dei conti, di tutti. Quella che ci si appresta a leggere è, di fatto, una scrittura scenica per cui con le didascalie si cercherà di riportare in qualche modo le azioni degli attori sul palco, ma il testo drammaturgico di per sé rimane incompleto.

Un Eschimese in Amazzonia pone al centro il confronto tra la persona transgender (l'Eschimese) e la società (il Coro), fino ad arrivare al paradosso che l'Eschimese si stanca di raccontare sé stesso. La società segue le sue vie strutturate e l'Eschimese si trova, letteralmente, ad improvvisare, perché la sua presenza non è prevista.
Il Coro parla all'unisono, attraverso una lingua musicale e ritmata, quasi versificata, utilizza una gestualità scandita, dando vita ad una società ipnotica, veloce, superficiale, a rischio di spersonalizzazione. La struttura è quella del "link web", l'analogia del pensiero manovra le connessioni o forse il nonsense stesso dell'illogica internettiana.
Anche l'Eschimese è parte degli stessi stereotipi della sua contemporaneità, anzi nella sua stand up comedy è personaggio autentico proprio perché vive e rappresenta la propria inautenticità di abitante del suo tempo.
Si sforza di avere una visione soggettiva, ma anche la sua è, a ben guardare, infarcita di luoghi comuni e spersonalizzata.
Il comico nasce anche dal mettere in rilievo quelle dinamiche che rendono l'essere umano marionetta, macchina, ovvero un essere sociale, un essere già giocato dalla cultura.
Paul B. Preciado, filosofo e scrittore, tra i più autorevoli esponenti di studi di genere e politiche sessuali, sostiene che la cosa importante sia opporsi alla standardizzazione che identifica come patologia quello che non si riconosce, tutto il resto non è che una tassonomia, un sistema di classificazioni.
In altre parole dice che l'identità di genere, quindi il transgenderismo o il cisgenderismo, non sono poi così interessanti.
Il titolo Un eschimese in Amazzonia è una citazione dell'attivista e sociologa Porpora Marcasciano che evidenzia l'incapacità della società di andare oltre il modello binario di sesso/genere, omosessuale/eterosessuale, maschio/ femmina e che quindi racconta la compromissione di un percorso di vita che potrebbe essere dei più sereni e tranquilli.
La ricerca dei materiali per questo progetto inizia nel 2013 e ha collezionato interviste a molti uomini transgender, a studiosi, a scienziati e a persone qualsiasi che non sapevano assolutamente nulla sull'argomento.

LIV FERRACCHIATI
Todi, 1985. Si laurea in Lettere e Filosofia indirizzo Letteratura, Musica e Spettacolo a La Sapienza di Roma e si diploma in regia teatrale alla Scuola d'Arte Drammatica "Paolo Grassi" di Milano. Nel 2015, ha avuto esperienza di docenza in Drammaturgia presso la scuola del Teatro Stabile dell'Umbria al Centro Universitario Teatrale. Nel 2014 vince il bando "Finestra sulla drammaturgia tedesca" e presenta il testo di Albert Ostermaier, Sulla sabbia, al Piccolo Teatro Studio. La vocazione di Ferracchiati è rivolta alla scrittura drammaturgica, a partire dall'ideazione di un progetto, per proseguire con la creazione in scena e compiersi con la regia dei suoi lavori. Nel 2014, scrive e mette in scena il testo Ti auguro un fidanzato come Nanni Moretti! Nel 2015 fonda la Compagnia The Baby Walk, con la quale dà forma a un progetto che preparava da tempo, la Trilogia sull'Identità, sul tema del transgenderismo da femmina a uomo, e ne realizza il primo capitolo: Peter Pan guarda sotto le gonne. Dal 2015, inizia la sua collaborazione con il Teatro Stabile dell'Umbria, per il quale, nel 2016, scrive e dirige Todi is a small town in the center of italy, uno spettacolo-documento sulla sua città di origine, che cerca in Todi un paradigma della vita nella provincia italiana, presentato al Ternifestival 2016. Al contempo, lavora alla sua Trilogia sull'Identità, con la costruzione del secondo capitolo, Stabat Mater, Premio Hystrio Scritture di Scena 2017 (coprodotto da: Centro Teatrale MaMiMò, Teatro Stabile dell'Umbria/Ternifestival e The Baby Walk). Nel 2017, Todi is a small town in the center of ItalyPeter Pan guarda sotto le gonne e Stabat Mater sono stati selezionati da Antonio Latella per la Biennale Teatro 2017. 45. Festival Internazionale del Teatro.
Il terzo e ultimo capitolo della Trilogia sull'Identità, Un Eschimese in Amazzonia, Premio Scenario 2017, ha debuttato nella sua prima versione compiuta a Bologna, nel dicembre 2017, per Scenario. Lo spettacolo (coprodotto da: Teatro Stabile dell'Umbria, Centro Teatrale MaMiMò, Campo Teatrale e The Baby Walk) viene presentato in tournée dal marzo 2018. Anche i primi due capitoli della Trilogia continuano a girare e la distribuzione dei tre spettacoli è tuttora in corso di organizzazione. In alcune piazze è prevista anche la presentazione dell'intera Trilogia in un'unica serata.

L'ASSOCIAZIONE CULTURALE THE BABY WALK
La Compagnia The Baby Walk, fondata da Liv Ferracchiati, nasce nel 2015 con la stesura e l'avvio della Trilogia sull'Identità. Il progetto, ideato da Ferracchiati, è un'indagine in tre capitoli sul tema dell'identità di genere. Il gruppo utilizza diversi linguaggi: parola, danza e video. In particolare è indagato il rapporto tra cinema-teatro e tra danza-parola. Ogni progetto, anche se legato agli altri, è un "punto e a capo". Si ricomincia, si rimette in discussione tutto dalla base, per questo i lavori proposti e realizzati possono anche essere differenti gli uni dagli altri, ma conservano una matrice comune. The Baby Walk, in questo senso, vuole essere un crocevia pulsante di idee e azioni.
The Baby Walk sono: Liv Ferracchiati (regista/autore, a volte, anche in scena), Greta Cappelletti (dramaturg/autrice, a volte, anche in scena), Laura Dondi (costumista/danzatrice), Linda Caridi (attrice), Chiara Leoncini (attrice), Alice Raffaelli (attrice/danzatrice), Lucia Menegazzo (scenografa), Giacomo Marettelli Priorelli (light designer/attore), Andrea Campanella (videomaker).

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