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19 - 20 giugno
TORINO Cavallerizza Reale

Prima Assoluta

ARDIS II

ADA, CRONACA FAMILIARE

di Chiara Lagani
regia Luigi de Angelis

ideazione Chiara Lagani e Luigi de Angelis
scene e luci Luigi de Angelis
costumi Chiara Lagani
fotografie Enrico Fedrigoli
macchine del suono Mirto Baliani
immagini video A.Zapruder filmmakersgroup
effetti visuali p-bart.com
consulenza enigmistica Stefano Bartezzaghi
con Matteo Ramon Arevalos (pianoforte), Paola Baldini, Marco Cavalcoli, Luigi de Angelis, Chiara Lagani, Sara Masotti, Francesca Mazza, Bruno Perrault (ondes Martenot)
realizzazione scenotecnica Giovanni Cavalcoli, Antonio Rinaldi, con Sara Masotti, Âniko Ferreira da Silva, Rosa Anna Rinaldi
sartoria Laura Graziani Alta Moda
promozione Sergio Carioli, Marco Molduzzi
ufficio stampa Marco Molduzzi
logistica Sergio Carioli
amministrazione Antonietta Sciancalepore, Marco Cavalcali

produzione Fanny & Alexander, Festival delle Colline Torinesi, La Rose des Vents-Scène Nationale de Villeneuve d’Ascq, KunstenFESTIVALdesArts, Espace Malraux-Scène Nationale de Chambéry et de Savie
con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna

Ardis II è: un gioco di società, un gioco teatrale, un gioco di pazienza, un gioco di parole, un gioco d’azzardo, un gioco di scacchi attraverso il romanzo Ada, un gioco da bambini, un doppio gioco (gioco di enigmi, gioco di sogni). I giocatori (les acteurs, the players gli attori,) sono appassionati decifratori di enigmi, atleti (del gioco, del romanzo), sognatori (visionari, “viso in aria”).
L’oggetto del loro sogno non è che un’immagine come le altre. Il giocatore non si mette mai al suo posto, non la vive. Se la rappresenta solamente. Non gli trasmette sempre e necessariamente le informazioni di cui dispone e può tremare nel vedere questo fantasma, che lo rappresenta e in cui lui si identifica per una parte, avanzare imprudentemente verso un pericolo che sovrasta. Lo segue così come uno spettatore osserva a teatro gli eroi (Ada? Van?) mentre si accostano al sipario fatale dietro al quale è dissimulata la loro storia d’amore.
L’immagine del sogno è piena e vuota, è un enigma, un rebus.
Quest’immagine dimora nello spettacolo, uno scintillio fuggitivo che continuamente appare e scompare. Quest’immagine si fa essenza. Il sognatore (uno spettatore?) presta la sua esistenza al suo simulacro, alla sua storia: da quel momento, bisogna pure che questo viva da qualche parte e in qualche modo.
Le immagini si dispongono in romanzi stravaganti (Ardis I? Ardis II?) ma non viene mai a mancare loro continuità.
Qui, allora, la questione vera è: qual è il criterio ordinatore dello spettacolo? Chi ci spiegherà che le immagini non si presentano invece in un perfetto disordine? Che si concatenano in storie e peripezie collegateŠ?



ENIGMI PER ADA, ADA PER ENIGMI

di Stefano Bartezzaghi

Freud ci dice che il sogno è un indovinello figurato. Non è una metafora, una suggestione, un modo di dire: è un'indicazione tecnica, e allude alla natura dei rapporti fra due linee di senso (il contenuto manifesto, il contenuto latente).
Come succede nel rebus quel che si vede non è un'illustrazione di quel che ci si può leggere: ne è una trasformazione, che fa leva sulle somiglianze casuali delle parole, su doppi sensi, su circostanze linguistiche che normalmente considereremmo insignificanti e che qui si offrono come appigli, denti per l'ingranaggio del lavoro dell'inconscio.
Quella degli enigmi, dei rebus, delle sciarade, degli anagrammi, dei palindromi, dei cruciverba è la scienza del doppio: ogni elemento deve ossessivamente consentire una seconda lettura, costruire un secondo senso. Ogni evidenza si accompagna all'ombra di una latenza, ogni menzogna tace un segreto, il cinema proiettato su uno schermo per la gioia ingenua dei suoi spettatori ha le sue vere storie dietro al lenzuolo.
Ho sempre pensato che Ada fosse la protagonista di un rebus. Una di quelle figure impegnate in attività normali e assurde, reali e oniriche: esce da una vasca, prega, ama, osa, teme, sta china, ride, ara, sempre sormontata da lettere alfabetiche o altri simboli. La sua abilità, nel romanzo di Nabokov, in giochi come lo Scrabble, gli anagrammi, i linguaggi criptici, l'allusione è una sorta di rispecchiamento fra l'evidenza di un personaggio narrativo (tutto quello che è, è detto) e il suo indicibile segreto (quel che ne è detto proietta l'ombra di quel che non se ne sa). Autrice e solutrice di enigmi, protagonista di enigmi, Ada diventa così una musa per l'enigma, una figura tutelare che sorveglia il punto di passaggio fra luce e ombra (in italiano luce, ombra è l'anagramma di calembour).
Osservando il lavoro di Fanny & Alexander ho visto che neppure in quel caso ciò che si vede illustra quel che ci si può leggere. La ben nota teatralità del rebus può trovare una sua traduzione scenica. Il testo si scompone in sezioni che ricordano le sillabe e gli altri spezzoni di parola che oscillano fra una e l'altra lettura del rebus. Il video riporta lo stesso gesto sotto l'occhio dell'osservatore, come un solutore di rebus ritorna di continuo alla stessa vignetta cercando di estrarne la chiave, la sua doppia, ambigua essenza.
Si attraversa l'enigma e arrivati alle soglie della soluzione, con la libertà che si ha nel sogno, ci si volta e si scruta non l'assenza della soluzione ma il rovescio dell'enigma. In quel punto la luce del contenuto manifesto è attutita dall'ombra del contenuto latente, che rimonta. Se ci si ferma proprio in quel punto, non è più importante ricostruire le frasette di pretesto (e naturalmente di pre/testo) che hanno imposto con la forza di un gioco atti, soggetti, oggetti, contesti arbitrari: arbitrari come l'accostamento di Ada, Ardis, gli ardori, gli alberi. Quella forza, quell'arbitrio ora occupano lo spazio del testo. Come accade nel primo dei "Nodi" di Laing, il gioco consiste nel non vedere che si vede il gioco. E fra le luci e le ombra di tutti i calembour Ada, la reversibile Musa degli enigmi, vista e non vista si scioglierà nel suo migliore rebus.

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